5°CONVEGNO - LE MANI CHE NUTRONO
L’Educatrice Katia Mione ha partecipato al 5° Convegno “LE MANI CHE NUTRONO – L’EDUCAZIONE AL CONTATTO PER UNA SOCIETA’ EMPATICA. IL VALORE DEL BUON CONTATTO DALLA NASCITA A LLA SCUOLA ALLA SOCIETA’” portando la sua esperienza col buon contatto nel Centro Servizi per l'anziano di Trichiana sia nella pratica quotidiana che attraverso alcuni casi reali all’interno dei progetti “Gruppo con-tatto” e “Piedi in acqua: impronte di vita”.
L'ingresso in una struttura per un anziano rappresenta un momento di forte cambiamento delle condizioni ambientali, affettive e comportamentali, uno sradicamento. L'anziano compie un passaggio cruciale e senza ritorno. Una persona non è solo frutto dei suoi geni, ma risultato dell'interazione con l'ambiente, lo stile di vita, con la qualità dei pensieri e delle emozioni che sceglie e vive e che diventano molecole di benessere o fattori di rischio. E' quindi necessario creare un clima e un ambiente favorevoli, nuovi punti di riferimento che permettano alla persona anziana di adattarsi, di ristabilire un equilibrio, imparando a condividere spazi nuovi con persone per lo più estranee e di interiorizzare una serie di regole e di ritmi diversi da quelli abituali. A peggiorare l'iniziale fase di smarrimento si aggiunge spesso un quadro clinico di demenza, ma l'anziano non equivale alla sua malattia. Guardare alla demenza non significa guardare ai suoi limiti, alle perdite di memoria e abilità cognitive, ma far emergere le possibilità che vivono nelle persone. La più importante è la capacità di sentire e provare emozioni e sentire quelle degli altri. Occorre una cultura che oltre al fare unisca la capacità e il voler essere tra le pieghe della malattia in grado di cogliere la bellezza di un corpo segnato dalle fatiche, dai lutti e dalle ferite, di accogliere e trasformare il dolore. L'anziano ha il diritto di continuare a sentire se stesso pur nel succedersi dei cambiamenti, ad avere una propria identità personale, che significa riconoscersi in uno spazio proprio e riconosciuto dagli altri per ciò che è. Uno spazio non anonimo ma contenitore di senso, con relazioni e stimoli che sappiano conservare, motivare, appagare e riscoprire se stessi. La persona anziana è un patrimonio da custodire, ha capacità, possibilità e bisogni relazionali, affettivi ed emotivi. Anche dove la parola è compromessa bisogna dar voce alle emozioni, perché il non poter riuscire ad esprimere i propri bisogni non significa non averne. Ed è proprio in questa prospettiva che il buon contatto diventa fondamentale strumento del prendersi cura dell'altro, una consapevolezza che il fare, prima di tutto, deve essere sentito. E' un modo di essere che conferma l'altro nel valore della sua esistenza, riaffermando la sua totalità e unicità come individuo. Non ci si deve mai abituare alla sofferenza altrui. Il corpo è la continuità del se', simbolo della propria storia. In questa fase della vita così delicata e fragile, ha bisogno di essere riconosciuto, toccato, accarezzato al di là del suo decadimento, per far sentire la persona anziana degna di rispetto, soggetto d'incontro e non solo oggetto di cura. Buon contatto significa guardare insieme all'anziano cosa sta succedendo, partendo dall'accettare, accogliere e comprendere il suo vissuto, le sue “parole” e i suoi stati d'animo. Attiva nel qui ed ora, la prospettiva spazio-temporale di chi soffre di demenza, modalità espressive e relazionali arcaiche, lasciate intatte dalla malattia e recuperabili. Il tocco crea un ponte di fiducia che non lascia sola la persona con le sue paure e ne riduce la confusione e l'isolamento: la persona si sente considerata e accudita e non rifiutata. La potenza dell'agire sentito sta nell'attenzione allo sguardo e alle mani come veicolo d'incontro al di là delle parole, permette la connessione con i paesaggi interiori della persona. Se sei guardato e toccato risvegli la consapevolezza del corpo e il corpo diventa cosciente di tutte le sensazioni dentro di sé. Esistere è anche qualcuno che ti tocca. È fondamentale che questo avvenga con presenza, cuore e gentilezza, con la consapevolezza che ogni cosa di noi tocca l'altro. Solo così rappresenta una conferma affettiva e una sicurezza di base che mette in moto fenomeni psico-fisici positivi, migliorando la qualità di vita e nutrendo il desiderio di affrontare ogni giorno da protagonista e non semplice spettatore. La pratica del buon contatto attraverso il massaggio attiva diversi processi funzionali a livello dei sistemi nervoso, endocrino, immunitario, offrendo una riduzione del dolore, rilassamento, sollievo, calma e un benessere globale. L'immobilità di molti anziani altera la percezione confondendo lo schema corporeo con minor consapevolezza del proprio corpo, dei suoi limiti e del mondo circostante. Il contatto permette di ridisegnare nella mente i propri confini fisici e quelli degli oggetti/persone vicine, permettendo di relazionarsi ad esse. Un corpo non percepito è il simbolo di un corpo non abitato e inespresso. La pratica del buon contatto è un'occasione per i familiari di riavvicinarsi e riconciliarsi con i loro cari in quanto rappresenta un nuovo e potente linguaggio per relazionarsi ad essi, con un forte valore di trasmissione affettiva. Il contatto con l'anziano è una grande sfida per la nostra crescita personale. E’ uno specchio in cui le nostre resistenze, le paure di ciò che non siamo mai stati, si sovrappongono alla percezione dell'altro, e ne rendono difficile la comprensione. Ma vi è una grande opportunità: scoprirci in un terreno ancora fertile, che restituisce ogni nostro sguardo, ogni tocco, come un arricchimento inatteso.